Che cos’è la fobia sociale e come si manifesta?
La fobia sociale o Disturbo d’Ansia Sociale è un disturbo d’ansia, in cui la paura caratteristica consiste nel credere di essere osservati e giudicati negativamente in situazioni sociali o durante lo svolgimento di un’attività in pubblico. Ciò che principalmente si teme è il giudizio negativo degli altri. In genere, le persone affette da questo disturbo temono, in situazioni sociali e comunque non familiari, di poter dire o fare cose imbarazzanti e di esser giudicati ansiosi, impacciati, stupidi, incompetenti, strani, goffi, deboli o “pazzi”.
La persona affetta dal disturbo in genere ha questa paura quando parla con gli altri, quando fa o dice qualcosa mentre gli altri lo guardano o anche semplicemente se c’è la possibilità di attirare l’attenzione degli altri; per esempio ha paura di essere giudicato male dagli altri se si dovessero accorgere che è ansioso (arrossisce, suda, trema). Oppure teme di poter dire o fare qualcosa di sbagliato o imbarazzante, apparire goffo, o avere un attacco di panico (es. spesso ha pensieri del tipo “….Ora apparirò goffo, impacciato…inizierò a tremare e sudare…gli altri se ne accorgeranno e rideranno di me!”). Altri ancora possono provare ansia al pensiero che gli altri possano trovare spiacevoli e/o criticare il proprio aspetto.
In genere le situazioni più comunemente temute sono: parlare in pubblico, andare a una festa, scrivere o firmare davanti a qualcuno, fare file, usare il telefono in pubblico, usare mezzi di trasporto pubblici. Alcune persone temono, per esempio, di avere reazioni fisiologiche imbarazzanti (es. perdere il controllo della vescica, vomitare, ruttare, ecc.) E ancora, alcuni hanno più paura delle situazioni in cui viene chiesto loro una prestazione, altri, invece, delle occasioni di interazione sociale: esempi tipici di questo ultimo caso si concretizzano in situazioni in cui la persona affetta dal disturbo teme di non aver niente da dire o di dire qualcosa di sbagliato, di risultare noiosi o, comunque, inadeguati.
Questi timori possono essere presenti solo in alcune situazioni sociali (fobia sociale specifica) o nella maggioranza di esse (fobia sociale generalizzata). Ad ogni modo, la persona che soffre di fobia sociale affronta tali situazioni con estremo disagio e ansia, per cui, spesso, per non provare tali sgradevoli sensazioni, inizierà a evitare in tutti i modi le situazioni sociali temute, con l’idea che starà bene evitando di esporsi a esse. I motivi dell’evitamento possono essere diversi: si può provare un’ansia così intensa da ritenerla ingestibile o si può essere stanchi di affrontare delle situazioni in cui si lotta contro la propria sensazione di inadeguatezza. In alcuni casi gli evitamenti possono portare all’isolamento sociale della persona.
È anche tipica la cosiddetta “ansia anticipatoria”: l’ansia di per sé ha evolutivamente una funzione “anticipatoria”, nel senso che è un segnale emotivo che ci avvisa, in termini di ipotesi previsionale, che un nostro scopo potrebbe essere compromesso; infatti, prima di affrontare un evento temuto (es. uno studente che deve sostenere un esame) una persona può provare ansia perché anticipatamente immagina ripetutamente il verificarsi di quell’evento, magari con immagini di sé in cui farà una brutta figura, sarà impacciato, sembrerà stupido. Le immagini di ciò che si teme possono presentarsi per giorni prima di dover affrontare l’evento temuto, aumentando, così, il livello d’ansia. In alcune occasioni, l’ansia può diventare così intensa da ostacolare realmente il soggetto nello svolgimento dei suoi compiti. Durante una riunione, ad esempio, egli potrebbe essere così tanto in ansia da essere davvero poco chiaro nell’esporre dei concetti. Chi soffre di fobia sociale, dunque, quando ha un livello d’ansia molto elevato, può avere realmente delle prestazioni scadenti. L’avverarsi di ciò che si teme di più, di solito, causa ulteriore imbarazzo, vergogna o senso di umiliazione. Si può instaurare, così, un circolo vizioso che autoalimenta il disturbo, in quanto mantiene nel tempo il timore del giudizio negativo e l’ansia anticipatoria.
Altra condizione che solitamente è associata ai comportamenti di “evitamento” è rappresentata dai cosiddetti comportamenti “protettivi”. Si tratta delle “misure di sicurezza” che la persona prende per evitare che occorra l’ansia o di essere giudicati male dagli altri. Per esempio, se la persona è a una riunione di lavoro e prova vergogna perché se toglie la giacca si noterà che è sudato, in tal caso terrà la giacca addosso e tale comportamento protettivo, paradossalmente, non farà altro che aumentare la sudorazione e quindi, di conseguenza, l’imbarazzo, creando un circolo vizioso. Quindi, le emozioni problematiche maggiormente presenti nella fobia sociale sono l’ansia/paura, l’imbarazzo, la vergogna e il senso di umiliazione; quando la persona si trova in questo particolare stato d’animo e mentale è ancora più probabile che abbia immagini di disapprovazione, derisione, rifiuto o pena degli altri provando, a volte, un vero terrore. La paura di essere giudicati negativamente può essere, talvolta, così forte da essere accompagnata da evidenti sintomi d’ansia: palpitazioni, tremori alle mani o alle gambe, sudorazione, malessere gastrointestinale, diarrea, tensione muscolare, confusione. Nei casi più gravi il timore del giudizio negativo può provocare veri e propri attacchi di panico. Ai sintomi ansiosi spesso si associano anche le reazioni tipiche della vergogna: rossore in viso, postura dimessa, desiderio di sfuggire allo sguardo degli altri o di “sprofondare”.
Di seguito vengono elencati i sintomi specifici della fobia sociale o Disturbo d’Ansia Sociale che definiscono il disturbo (DSM 5, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione):
- Marcata paura o ansia rispetto a una o più situazioni sociali in cui l’individuo è
esposto al possibile giudizio degli altri - L’individuo teme di mostrare i sintomi di ansia e che verranno valutati negativamente (umiliazione, imbarazzo)
- Le situazioni sociali provocano quasi sempre paura o ansia
- Le situazioni sociali vengono evitate o sopportate con intensa paura o ansia
- La paura o ansia è sproporzionata alla minaccia reale rappresentata dalla situazione sociale e al contesto socio-culturale
- La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti del funzionamento
Tale disturbo è piuttosto comune: gli studi scientifici indicano che in Europa per esempio colpisce in media il 2,3% della popolazione generale. Poiché chi soffre di fobia sociale difficilmente richiede aiuto agli specialisti perché sottovaluta il suo problema o se ne vergogna, è probabile che tale disturbo sia ancora più diffuso di quanto indicato dalle ricerche.
Generalmente la fobia sociale compare più o meno bruscamente nell’adolescenza, intorno ai 15 anni, dopo un’infanzia caratterizzata da inibizione e timidezza. In seguito tende a mantenersi nel tempo, con variazioni di gravità legate agli eventi di vita.
Come capire se si soffre di fobia sociale
Per capire se si soffre del disturbo, è doveroso fare una precisazione fondamentale, che vale anche del resto per tutte le altre situazioni emotive, affinchè non siano sempre considerate problematiche. L’ansia anticipatoria, l’imbarazzo, la vergogna, il senso di umiliazione, il timore di essere giudicati negativamente e il timore di vergognarsi sono emozioni che possono provare tutti. Questa condizione però non sempre rappresenta un problema di tipo prettamente clinico, in quanto si potrebbe semplicemente trattare di semplice timidezza, causa certamente di disagio, ma non limitante per la vita della persona se non si trasforma, appunto, in disturbo d’ansia. Allora come si distingue un disturbo di fobia sociale da una condizione di semplice timidezza o da una fisiologica reazione emotiva? Nelle persone che soffrono di la fobia sociale, innanzitutto, gli stati emotivi sono così intensi e invalidanti che ostacolano il normale svolgimento della vita quotidiana. Le persone che non soffrono di Fobia Sociale in genere cominciano a preoccuparsi solo poco prima dell’inizio della situazione, di solito durante la situazione diventano meno timide e ansiose tanto che, le volte successive, tenderanno a preoccuparsene di meno. L’ansia quindi non è opprimente, sparisce rapidamente durante o subito dopo la fine della situazione e non porta la persona a evitarla le volte successive. Chi soffre di Fobia Sociale, invece, tende a preoccuparsi molto tempo prima dell’evento da affrontare; sta sempre peggio quando si trova nella situazione temuta; la volta successiva può essere ancora più preoccupato della precedente, per cui potrebbe mettere in atto comportamenti di evitamento e/o comportamenti protettivi. Quindi, se ciò che definiamo timidezza o disagio arriva a portare la persona ad evitare gli incontri sociali o comunque causa ansia molto intensa in situazioni sociali, si parla allora di una vera e propria Fobia Sociale.
Tale disturbo risulta molto invalidante per la persona che ne è affetto, in quanto limita significativamente le abitudini di una persona, compromettendone, in modo più o meno grave, anche la stessa autonomia, il funzionamento sociale, scolastico e/o lavorativo. Di conseguenza, spesso, tale condizione influirà anche sull’umore, a causa della frustrazione legata al vedere la propria vita limitata. Dunque, la Fobia Sociale dura un tempo lungo, potrebbe generare intensa tristezza e cali d’umore in quanto la persona valuta quanto è cambiata la propria vita dopo l’esordio del disturbo e spesso prova sentimenti di perdita di speranza su possibili soluzioni.
Per ottenere una diagnosi seria ed accurata, tuttavia, è necessario rivolgersi a persone qualificate.
Altra condizione da tener presente, ai fini di una corretta diagnosi, è che molti dei sintomi presenti nella Fobia Sociale sono comuni anche ad altri disturbi psicologici. Per esempio la persona affetta da Fobia Sociale può avere attacchi di panico come chi soffre del Disturbo da Attacchi di Panico, tuttavia quest’ultimo tende ad averli in situazioni che non necessariamente sono quelle sociali, a differenza di chi li sperimenta solo in situazioni sociali (Fobia Sociale); inoltre chi ha un Disturbo di Panico di solito evita di restare da solo perché avverte la presenza di altre persone come rassicurante; la persona che soffre di Fobia Sociale, invece, ricerca la solitudine perché sono proprio le situazioni sociali che gli provocano disagio.
La fobia sociale può essere confusa anche con il Disturbo d’Ansia Generalizzato. I due disturbi, infatti, hanno in comune la paura di sentirsi imbarazzati o umiliati, ma nel Disturbo d’Ansia Generalizzato tale timore non rappresenta la preoccupazione principale dell’individuo, come invece accade nella Fobia Sociale. I soggetti con ansia generalizzata, inoltre, si preoccupano per la qualità delle loro prestazioni in modo continuativo, anche quando non vengono giudicati, mentre nella Fobia Sociale il motivo principale che scatena l’ansia è il giudizio degli altri.
La scarsità di relazioni sociali caratterizza sia la fobia sociale che il disturbo schizoide di personalità. In quest’ultimo, tuttavia, la solitudine è una conseguenza della mancanza d’interesse per le relazioni sociali, mentre nella fobia sociale è una conseguenza degli evitamenti sociali. Il fobico sociale, infatti, prova interesse nei confronti delle altre persone, ha il desiderio di avere dei rapporti sociali e prova angoscia a causa delle sue difficoltà di socializzazione.
La fobia sociale ha diverse caratteristiche in comune anche con il disturbo evitante di personalità. In entrambi i casi la persona presenta evitamento delle situazioni sociali, bassa autostima ed estrema sensibilità ai giudizi negativi. I due disturbi, tuttavia, sembrano differire per il fatto che la persona con disturbo evitante ha un timore pervasivo in tutte le situazioni sociali e relazionali, mentre chi soffre di fobia sociale ha paure più specificamente correlate alla prestazione sociale, quindi se deve esporsi a fare un compito in pubblico. Questa distinzione, comunque, non permette di differenziare facilmente il disturbo evitante di personalità e la fobia sociale generalizzata. Secondo alcuni esperti, infatti, queste due diagnosi sarebbero sovrapponibili, in altre parole sarebbe possibile che si stanno utilizzando due differenti categorie diagnostiche per lo stesso disturbo. Altri autori, invece, sostengono che ci sono delle differenze tra queste due patologie. Dai risultati di una ricerca, infatti, risulta che le persone con disturbo evitante di personalità, rispetto a chi ha la fobia sociale generalizzata, presentano una maggiore sensibilità interpersonale e più scarse abilità sociali. Secondo altri autori, inoltre, i due disturbi sarebbero distinguibili in base a ciò che attiva il senso di inadeguatezza e l’ansia: i soggetti con fobia sociale di solito si sentono inadeguati quando devono svolgere delle prestazioni agli occhi di altre persone, mentre quelli con disturbo evitante si percepiscono inadeguati soprattutto quando, nel relazionarsi agli altri, avvertono un forte senso di estraneità e di non appartenenza.
Si esclude, infine, la presenza di fobia sociale se l’ansia sociale e l’evitamento si manifestano nel corso di altri disturbi mentali che possono giustificarli (es. depressione) o in concomitanza di preoccupazioni relative ad una condizione medica (es. tremore nel Parkinson, cicatrici).
Cause della fobia sociale
Secondo studi recenti non esiste una causa unica della fobia sociale: all’insorgere del disturbo concorrono un insieme di fattori, che possono essere di tipo genetico, psicologico ed ambientale. Per quanto riguarda i fattori genetici corrisponderebbero a una tendenza ad avere più facilmente reazioni ansiose, collegata ad una maggiore reattività e sensibilità del sistema nervoso. É stata riscontrata, innanzitutto, una familiarità per lo sviluppo della fobia sociale: rispetto al resto della popolazione, in effetti la probabilità di sviluppare Fobia Sociale è maggiore nei parenti stretti di chi ne soffre. Un altro fattore di rischio è la presenza di alcune caratteristiche di personalità (fattori psicologici), sul cui sviluppo incidono, ancora una volta, fattori sia genetici, sia ambientali ed educativi. Per personalità si intende il modo abituale di pensare, di reagire e relazionarci con gli altri. Le caratteristiche di personalità più frequentemente riportate dalle stesse descrizioni delle persone con fobia sociale sono solitamente la sensibilità alle critiche e alle opinioni degli altri e al rifiuto, la tendenza ad avere reazioni emotive, facili a preoccupazioni, spesso sono preoccupati di dover dare una buona impressione di sé agli altri, la sensazione di essere deboli, le difficoltà ad essere assertivi, la bassa autostima e la sensazione d’inferiorità. Tra i fattori di rischio ambientali, infine, si considerano le esperienze in cui la persona si è sentita umiliata o derisa ed elevati livelli di stress legati a importanti cambiamenti di vita (es. incarichi di lavoro che richiedono di parlare in pubblico, perdita del partner); anche l’educazione familiare ricevuta può contribuire positivamente ad aumentare la fiducia in se stessi e favorire le relazioni interpersonali, o negativamente rafforzando le paure sociali.
Conseguenze della fobia sociale
Tale disturbo causa una significativa compromissione della qualità di vita in generale, in particolare in una serie di importanti ambiti della vita come l’ambito lavorativo, scolastico, sociale ed affettivo.
Le difficoltà scolastiche sono spesso causate dalla presenza d’ansia da prestazione. I problemi in ambito lavorativo, invece, sono più spesso causati dal timore di parlare in pubblico e dalla tendenza a evitare impegni in cui la persona potrebbe sentirsi valutata negativamente, come fare lavori a contatto con il pubblico. Nei casi più gravi queste difficoltà possono causare l’abbandono della scuola o del lavoro, o portare a uno stato di disoccupazione dovuto all’evitamento dei colloqui di lavoro. Dal punto di vista sociale e affettivo, i soggetti con questa diagnosi hanno meno probabilità di avere relazioni sociali e sentimentali rispetto alla popolazione generale. Nei casi più gravi la persona si può isolare completamente.
Tali difficoltà possono concorrere, inoltre, allo sviluppo di sentimenti di frustrazione, tristezza e senso di insoddisfazione per sé e per la propria vita, o di un disturbo depressivo, oppure anche all’abuso di sostanze stupefacenti come tentativo di alleviare la sofferenza. Tale situazioni secondarie complicano ulteriormente il quadro descritto.
Differenti tipi di trattamento
Negli ultimi anni sono state effettuate diverse ricerche sull’efficacia delle psicoterapie per il trattamento della fobia sociale. Dagli studi emerge che le terapie che risultano efficaci per la cura di questo disturbo sono la terapia comportamentale, i gruppi di Social Skill Training e la terapia cognitivo-comportamentale.
La terapia comportamentale è un trattamento incentrato sulla tecnica dell’ esposizione graduale, che consiste nell’esporre gradatamente il paziente alla situazione temuta affinché possa ridurre l’ansia sociale ed acquisire un senso di efficacia nella gestione delle situazioni sociali.
Il social skill training (link gruppo per fobici), o training per le abilità sociali, è un trattamento di gruppo finalizzato allo sviluppo o all’incremento delle competenze sociali (es. capacità di risoluzione dei conflitti) e all’acquisizione di modalità personali per affrontare le situazioni interpersonali temute. In un ambiente “protetto”, il paziente può riuscire a modificare la rappresentazione di sé sperimentando rapporti sociali con gli altri membri del gruppo e utilizzando i feed-back sul proprio comportamento.
Chi soffre di fobia sociale può giovarsi anche di un trattamento farmacologico a base di antidepressivi di nuova generazione e benzodiazepine.
La farmacoterapia è spesso usata per creare le condizioni favorevoli per un intervento psicoterapeutico più efficace. Per tale motivo spesso il clinico propone al paziente un intervento in cui il trattamento farmacologico e quello psicoterapeutico vengono associati. In genere il solo trattamento farmacologico non risulta efficace, in quanto all’interruzione della farmacoterapia, la sintomatologia si ripresenta. I farmaci, infatti, in tempi relativamente brevi riducono l’intensità dei sintomi che caratterizzano il disturbo, ma non risolvono le “cause” alla base del disturbo; in sostanza sarebbe come curare un forte mal di schiena facendo uso esclusivo di antidolorifici: è probabile che, dopo qualche tempo, il dolore si ripresenti se non si agisce anche su ciò che lo ha provocato.
In effetti, i farmaci, nel caso della Fobia Sociale, abbassando i livelli di sofferenza soggettiva e d’ansia, vengono utilizzati in una fase iniziale del trattamento in quanto creano le condizioni favorevoli per un intervento psicoterapeutico efficace (per intendersi, se una persona risulta molto agitata sarà difficile che possa avere la concentrazione e la “lucidità” sufficienti che gli permettano di “apprendere” o seguire una seduta di psicoterapia).
Per tali motivi spesso si consiglia al paziente di seguire sia un trattamento farmacologico (limitato nel tempo il più possibile), sia uno psicoterapeutico.
In realtà, la terapia farmacologica non sempre viene prescritta, ma si rende necessaria almeno temporaneamente, per le persone che hanno un’attivazione ansiosa molto intensa. Una condizione che spesso si crea come ostacolo all’assunzione dei farmaci di tale tipo è la “paura”, a volte convinzione, di sviluppare una dipendenza da tali farmaci; spesso questo è un pregiudizio che ostacola l’efficacia al trattamento. Effettivamente alcuni farmaci (es. benzodiazepine) nel lungo tempo possono provocare dipendenza, tuttavia l’assunzione del farmaco sotto il controllo di un medico esperto (medico psichiatra) evita e diminuisce il rischio di tale condizione.
Il trattamento cognitivo-comportamentale
La ricerca scientifica sostiene che la terapia cognitivo-comportamentale è uno dei trattamenti più efficaci per la cura della fobia sociale. Il protocollo cognitivo-comportamentale per la cura di questo disturbo prevede l’impiego delle seguenti procedure:
- formulazione di un contratto terapeutico, che contenga obiettivi condivisi da paziente e terapeuta e i loro rispettivi compiti (es. compiti a casa per il paziente);
- ricostruzione della storia del disturbo, partendo dal primo episodio in cui si è manifestato, fino alla dettagliata descrizione della manifestazione attuale;
- formulazione dello schema di funzionamento del disturbo, a partire dall’analisi di episodi recenti durante i quali la persona ha provato ansia sociale;
- interventi di tipo psicoeducazionale, con cui vengono fornite informazioni sulla natura dell’ansia e della vergogna e sul loro ruolo nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo;
- individuazione dei pensieri disfunzionali alla base del disturbo e messa in discussione di tali interpretazioni mediante specifiche tecniche (es. esperimenti comportamentali, dialogo socratico);
- apprendimento di tecniche per la gestione dei sintomi dell’ansia (es. tecnica del respiro lento, rilassamento muscolare isometrico e progressivo, ecc.);
- esposizione graduale ai pensieri ed agli stimoli temuti ed evitati, mediante il ricorso a specifiche tecniche (es. esposizione immaginativa, enterocettiva ed in vivo);
- in fase di conclusione del trattamento, interventi di prevenzione delle ricadute.
Questo protocollo è applicabile sia individualmente, che in gruppo. Nel caso della fobia sociale, il trattamento in gruppo costituisce di per sé un’esposizione a ciò che il soggetto teme, per cui va attuato a seguito di una preparazione del paziente ad esso. È possibile effettuare tale protocollo di terapia anche in gruppo.
La terapia di gruppo rispetto a quella individuale, ha il vantaggio generico di consentire il confronto con altre persone che soffrono dello stesso disturbo e di favorire, così, il ridimensionamento del problema e la riduzione della sensazione soggettiva di “essere anormale”. (inserire link terapia gruppo fobici-evitanti). Per quanto riguarda le esposizioni (esercizi efficaci alla desensibilizzazione allo stimolo ansiogeno), sono previste, ove risulti necessario, visite domiciliari in una fase iniziale, in modo tale da sostenere la persona ad iniziare ad esporsi, per poi poter continuare da sola.