Che cos’è il disturbo Antisociale

Il disturbo antisociale di personalità, in passato denominato psicopatia e sociopatia, è un disturbo di personalità caratterizzato principalmente da inosservanza e violazione dei diritti degli altri, che si manifesta in un soggetto maggiorenne, almeno da quando aveva 15 anni.
Le persone con questo disturbo, infatti, non riescono a conformarsi né alla legge, per cui compiono atti illegali (es. distruggere proprietà, truffare, rubare), né alle norme sociali, per cui attuano comportamenti immorali e manipolativi (es. mentire, simulare, usare false identità) traendone profitto o piacere personale (es. denaro, sesso, potere).
Elemento distintivo del disturbo è, inoltre, lo scarso rimorso mostrato per le conseguenze delle proprie azioni, per cui queste persone, dopo aver danneggiato qualcuno, possono restare emotivamente indifferenti o fornire spiegazioni superficiali dell’accaduto.
Altre caratteristiche rilevanti del disturbo antisociale sono l’impulsività e l’aggressività.
La prevalenza del disturbo antisociale di personalità nei campioni comunitari è circa il 3% nei maschi e l’1% nelle femmine.

Come si manifesta

Come accennato, le persone con disturbo antisociale di personalità si mostrano noncuranti della legge e delle norme morali e, quando incorrono in problemi di tipo legale o sociale, tendono ad attribuirne le cause a mancanze degli altri, piuttosto che proprie, assumendo il ruolo di vittime (ad esempio considerano i loro scoppi d’ira una risposta ragionevole alla malevolenza degli altri).
Le emozioni che sperimentano più frequentemente sono la rabbia, l’irritazione, l’umiliazione, il disprezzo, il distacco, la noia, l’invidia, il piacere di dominare e l’euforia; difficilmente, invece, provano emozioni come la gratitudine, l’empatia, la simpatia, l’affetto, il senso di colpa e l’erotismo.
Secondo gli studiosi della teoria della mente, queste persone hanno difficoltà ad assumere la prospettiva degli altri, per cui non si prefigurano la sofferenza che possono indurre in loro e si mostrano indifferenti, distaccati, sprezzanti, cinici e irrispettosi verso gli altri.
Le persone che soffrono di disturbo antisociale di personalità hanno rapporti interpersonali transitori, superficiali e intrisi di antagonismo. L’atteggiamento di fondo è di indifferenza e distacco, per cui non si curano di ciò che avviene o di ciò che gli altri pensano di loro.
Il comportamento sessuale di queste persone è generalmente irresponsabile e utilitaristico; nel corso della vita possono avere numerosi partner sessuali e non avere mai relazioni monogame.
Chi ha il disturbo antisociale di personalità, inoltre, crede di essere speciale e, dunque, di meritare favoritismi e facili gratificazioni. Può mostrare un’eccessiva sicurezza in se stesso (ad esempio può pensare che un lavoro ordinario non è degno di lui) e un fascino disinvolto e superficiale. La sua fiducia in se stesso, tuttavia, non è fondata su una valutazione positiva di sé, ma sulla diffidenza verso gli altri e il mondo, considerati potenzialmente danneggianti, umilianti e frustranti.
Le persone con questo disturbo si mostrano noncuranti non solo della sicurezza degli altri, ma anche della propria. Un tipico esempio di noncuranza della sicurezza altrui è la trascuratezza nell’accudimento dei figli (es. malnutrizione, malattie dovute a mancanza di igiene, figli affidati o abbandonati a familiari non conviventi o a vicini di casa). La noncuranza per la sicurezza propria, invece, si manifesta in numerosi comportamenti pericolosi (es. guida spericolata, abuso di sostanze stupefacenti, pratiche sessuali a rischio).
Lo scarso rimorso per le conseguenze delle proprie azioni dannose può manifestarsi con l’indifferenza, il minimizzare i danni arrecati, il fornire spiegazioni superficiali dell’accaduto (es. “la vita è ingiusta”), il biasimare le loro vittime perché sarebbero pazzi o senza risorse (es. “i perdenti meritano di perdere”) o meritevoli del loro destino (es. “doveva accadergli”). Generalmente queste persone sono incapaci di scusarsi o di riparare al loro comportamento.
Una caratteristica peculiare dei soggetti con personalità antisociale sembra essere il trasformismo: possono apparire molto isolati o, più frequentemente, attivamente coinvolti nei rapporti interpersonali; talvolta alternano comportamenti aggressivi con atteggiamenti miti e remissivi.
L’aggressività che caratterizza il disturbo si manifesta frequentemente con aggressioni fisiche (es. picchiare il coniuge). L’impulsività, invece, può manifestarsi con l’incapacità di pianificare il futuro, per cui queste persone prendono le decisioni sotto l’impulso del momento, senza considerare le conseguenze per sé e per gli altri.
Chi ha il disturbo antisociale tende anche ad essere fortemente irresponsabile. Un comportamento lavorativo irresponsabile può consistere in lunghi periodi di disoccupazione nonostante la disponibilità di lavoro o in ripetute e ingiustificate assenze dal lavoro; l’irresponsabilità finanziaria, invece, è indicata, ad esempio, dall’incapacità di provvedere al supporto dei figli e dall’accumulo di debiti.
Le persone che hanno questo disturbo manifestano una bassa tolleranza alla frustrazione, per cui, quando le cose non vanno come vorrebbero, non riescono a rinunciare ad un piacere o a procrastinarlo ed agiscono impulsivamente per raggiungerlo.
Un’altra caratteristica del disturbo antisociale è la pseudologia fantastica, comportamento che consiste nel raccontare continuamente fatti reali insieme a storie inventate, per cui diventa difficile per chi ascolta distinguere la verità dalle fandonie. Tale caratteristica sembra richiamare quella del famoso Barone di Munchausen, ma è profondamente diversa: il personaggio letterario raccontava storie inventate e scarsamente credibili senza alcuna finalità utilitaristica; il paziente antisociale, invece, inventa storie col chiaro intento di manipolare l’altro.
Manifestazioni minori di questo disturbo sono disforia, lamentele di tensione, incapacità di tollerare la noia e umore depresso.

Come capire se si soffre di disturbo antisociale di personalità

La diagnosi di disturbo antisociale di personalità viene data a soggetti maggiorenni che, prima dei 15 anni d’età, presentano alcuni sintomi del disturbo della condotta. Questo disturbo consiste essenzialmente in comportamenti di violazione dei diritti degli altri o di alcune norme sociali (es. aggressione a persone o animali, distruzione di proprietà, truffa o furto).
I comportamenti antisociali possono essere dovuti anche alla schizofrenia o ad un episodio maniacale, per cui non si pone diagnosi di disturbo antisociale nel caso in cui i comportamenti antisociali si manifestano esclusivamente durante il decorso di queste altre due patologie.
Alcuni atti antisociali (es. spaccio di sostanze stupefacenti, furti per ottenere denaro per acquistare sostanze stupefacenti), inoltre, possono essere una conseguenza del disturbo correlato a sostanze. La differenza tra i due disturbi consiste nel fatto che, nel disturbo antisociale di personalità, il comportamento antisociale avviene indipendentemente dall’ottenimento e dall’uso delle sostanze stupefacenti.
A causa di alcune caratteristiche comuni, altri disturbi di personalità possono essere confusi con il disturbo antisociale di personalità, per cui è necessario rivolgersi a persone specializzate per ottenere una diagnosi accurata.
Sia i soggetti con disturbo antisociale di personalità, che quelli con disturbo narcisistico di personalità presentano, ad esempio, la tendenza ad essere disinvolti, superficiali, sfruttatori e non empatici. Nel disturbo narcisistico di personalità, tuttavia, sono assenti impulsività e disonestà ed è presente un maggiore bisogno dell’ammirazione degli altri.
Nel disturbo istrionico di personalità, come in quello antisociale, sono presenti superficialità, seduttività, avventatezza, impulsività e ricerca di situazioni eccitanti, ma chi ha il disturbo istrionico di personalità tende ad essere emotivamente più enfatico e a non presentare comportamenti antisociali.
I soggetti con un disturbo di personalità antisociale, istrionico e borderline, inoltre, presentano comportamenti manipolativi, ma mentre in chi ha il disturbo antisociale e istrionico questi comportamenti sono volti ad ottenere gratificazioni materiali (es. profitto, potere), in chi ha il disturbo borderline sono diretti ad ottenere considerazione di sé. Chi ha un disturbo antisociale di personalità, inoltre, tende ad essere più aggressivo e meno instabile emotivamente rispetto a chi ha il disturbo borderline.
Comportamenti antisociali possono essere presenti anche in alcuni individui con disturbo paranoide di personalità, ma in questo caso le condotte antisociali sono mosse da un desiderio di vendetta, piuttosto che, come nel disturbo antisociale, da un desiderio di guadagno personale o di sfruttamento degli altri.
Il disturbo antisociale di personalità va distinto anche dal comportamento criminale: questo è intrapreso solo per guadagno personale e non è accompagnato dalle caratteristiche personologiche del disturbo.

Cause

Il disturbo antisociale di personalità si manifesta nella fanciullezza o nella prima adolescenza e continua nell’età adulta. Ha un decorso cronico, ma i comportamenti antisociali possono diminuire man mano che l’individuo diventa più adulto (in particolare dai 40 anni di età). Ciò potrebbe dipendere dal decremento degli ormoni e della forza fisica e dall’incremento della conformità sociale e dell’attaccamento agli altri.
Sono stati individuati diversi fattori di rischio che espongono all’insorgenza del disturbo antisociale di personalità.
Rispetto alla popolazione generale, il disturbo antisociale di personalità è più comune tra i consanguinei di primo grado di individui che hanno questo disturbo. Da alcuni studi sull’adozione emerge che sia fattori genetici, che ambientali contribuiscono all’insorgenza di questo disturbo. Infatti sia i figli biologici, che quelli adottivi di genitori con disturbo antisociale di personalità hanno una probabilità maggiore di sviluppare questo disturbo.
Le acquisizioni scientifiche nell’ambito della teoria della mente ci permettono di affermare che chi è affetto dal disturbo antisociale di personalità comprende gli stati mentali (pensieri, emozioni e sensazioni fisiche) propri e altrui, ma ha difficoltà ad assumere la prospettiva degli altri (difficoltà di decentramento) e, dunque, a sintonizzarsi emotivamente con loro. Potrebbe esistere una predisposizione biologica a tale deficit e/o questo potrebbe essere appreso da figure di accudimento che presentano il deficit.
La probabilità di sviluppare il disturbo antisociale di personalità nella vita adulta aumenta se lo stile educativo nell’infanzia è incoerente, trascurante e abusante, se l’esordio del disturbo della condotta è precoce (prima dei 10 anni) e se questo è accompagnato dal disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività. Il disturbo antisociale sembra essere associato anche ad uno stato socioeconomico basso e agli ambienti urbani.

Conseguenze

L’impulsività che caratterizza le persone con disturbo antisociale di personalità può determinare cambiamenti improvvisi di lavoro, di residenza o di relazioni e, dunque, notevoli difficoltà di inserimento sociale.
L’inserimento sociale è fortemente limitato soprattutto perché queste persone, a causa dei loro comportamenti aggressivi, immorali e illegali, spesso vengono emarginate.
Chi ha un disturbo antisociale di personalità, inoltre, ha maggiori probabilità rispetto alla popolazione generale di non raggiungere un’indipendenza economica, impoverirsi e diventare un “senzatetto”. Può anche trascorrere molti anni in istituti di pena e morire prematuramente per causa violenta (es. suicidio, incidenti, omicidi).

Differenti tipi di trattamento

Chi soffre di disturbo antisociale di personalità di norma non richiede cure psichiatriche in quanto non ha consapevolezza di disagio e di malattia. Generalmente, dunque, queste persone accedono ai trattamenti psichiatrici a seguito di problemi con la legge: l’adesione a progetti terapeutici o riabilitativi, infatti, permette di migliorare la loro posizione legale.
La psicoterapia e la farmacoterapia somministrate nelle strutture ambulatoriali e negli studi privati generalmente non riescono a rispondere alle esigenze terapeutiche di questi pazienti, che necessitano di un notevole contenimento emotivo e comportamentale.
Anche i ricoveri nelle strutture ospedaliere e nei comuni reparti psichiatrici si rivelano spesso inefficaci. Il comportamento di chi ha il disturbo antisociale di personalità, infatti, può interferire con l’incolumità e il trattamento degli altri pazienti (es. i pazienti con disturbo antisociale possono derubare, aggredire, ridicolizzare, avere rapporti sessuali, diffondere sostanze stupefacenti). Chi soffre di disturbo antisociale, inoltre, può sabotare il proprio trattamento tentando di raggirare o corrompere gli operatori non specializzati nella cura di questo disturbo (ad esempio può servirsi del ricovero per evitare il carcere: può dichiararsi “cambiato” e, una volta tornato alla sua vita abituale, riprendere le attività illegali).
Attualmente, dunque, il trattamento più efficace per il disturbo antisociale di personalità è il ricovero in strutture specializzate per la cura di questo disturbo, che consistono essenzialmente in centri all’interno degli istituti penitenziari e in particolari comunità.
In questi contesti è possibile sottoporre chi ha un disturbo antisociale a diversi trattamenti (in particolare farmacoterapia e psicoterapia) in quanto, ad esempio, il regolamento della struttura e la formazione degli operatori impediscono ai pazienti il ricorso massiccio all’acting-out (passaggio impulsivo all’azione, senza riflessione).
La terapia farmacologica del disturbo antisociale di personalità è indirizzata alla riduzione di alcuni sintomi e comportamenti di chi presenta il disturbo.
In particolare, discreti risultati terapeutici sono stati ottenuti nel trattamento specifico del comportamento aggressivo mediante farmaci come la carbamazepina (un anticonvulsivante), la fluoexetina e la sertralina (antidepressivi), il litio (uno stabilizzatore dell’umore), il buspirone(un ansiolitico) e gli antipsicotici. Altri farmaci che mostrano efficacia e prospettive future sono le sostanze volte alla soppressione degli ormoni sessuali, che sono legati alla manifestazione dell’aggressività.
Generalmente, tuttavia, questi pazienti si oppongono al trattamento farmacologico in quanto percepiscono una riduzione della loro impulsività e la interpretano come incremento della propria vulnerabilità personale.
L’ambiente contenitivo delle strutture specializzate può creare le condizioni favorevoli anche per effettuare una psicoterapia. Questo trattamento in genere è volto a favorire nel paziente il contatto con le proprie emozioni, la consapevolezza delle conseguenze del proprio comportamento su se stessi e sugli altri, la tolleranza delle emozioni dolorose senza ricorrere agli acting-out (es. risse) o alle sostanze stupefacenti, l’incremento dell’autostima, l’assunzione delle proprie responsabilità e l’adattamento all’ambiente.
Negli ultimi anni una terapia ad orientamento psicoanalitico, il trattamento basato sulla mentalizzazione, si è focalizzata sulla cura di alcuni deficit che ha individuato in questi pazienti: la difficoltà a comprendere i propri stati mentali ed il loro impatto sugli altri.
Nelle strutture specializzate può essere attuato anche un intervento familiare volto ad aiutare i congiunti dei pazienti a rispondere adeguatamente al loro comportamento antisociale, ad esempio ad evitare di ignorarlo, minimizzarlo o coprirlo.
Anche l’efficacia del ricovero nelle strutture specializzate, tuttavia, attualmente è ancora limitata: i risultati raggiunti durante i ricoveri possono non permanere una volta che il paziente rientra nel suo ambiente di vita. Le prognosi più favorevoli le hanno quei soggetti che sperimentano ansia, depressione e sentimenti di attaccamento e che comprendono l’utilità di modificare i loro comportamenti illegali e immorali.

Il trattamento cognitivo-comportamentale

La terapia ad orientamento cognitivo-comportamentale mostra, in particolare, a questi pazienti le distorsioni cognitive che attuano per giustificare le proprie azioni illecite e l’eventuale abuso di sostanze. Altra peculiarità di tale intervento è il trattamento di sintomi (es. ansia, depressione) situazionalmente associati al disturbo antisociale.
Un particolare tipo di trattamento cognitivo-comportamentale, la terapia focalizzata sullo schema, intervenendo su esperienze traumatiche infantili, relazione terapeutica, esperienza del presente e frustrazione di esperienze disfunzionali, ha presentato una parziale efficacia rispetto all’incremento dell’empatia e dell’integrazione sociale di questi pazienti.